Nuovo Quartetto Pianistico Italiano

due pianoforti a otto mani

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Bedrich Smetana: Sonata in un movimento
  Allegro energico in Mi minore
  Rondo'
  Allegro Moderato in Do maggiore

La Sonata in mi minore in un Movimento (1851) e il Rondo' in do maggiore Mladì (1849) vennero composti da Bedrich Smetana durante il periodo forse più oscuro e difficile della sua esistenza, il decennio 1846-56. Nel 1846 c'erano state tre importanti esperienze formative: la conoscenza di Robert Schumann e di Clara, l'impatto diretto con il virtuosismo trascendentale di Liszt e con il sinfonismo di Hector Berlioz. Questi tre incontri avevano provocato nel giovane Smetana una crisi di ripensamento sulla propria carriera musicale. Il lavoro come maestro di musica presso il conte Leopold Thun, che da due anni svolgeva isolato dal resto del mondo nel castello di Ronsperg vicino ai Monti Giganti, gli divenne insopportabile. Nel 1847, dopo una fortunata tournée come solista al pianoforte, comprese che neanche la carriera di concertista era quello che cercava. Si convinse, allora, che la propria strada sarebbe stata quella di metter su per conto proprio una scuola di musica a Praga, sulla linea di quella del suo maestro Joseph Proksch. Non essendo, però, egli in grado di finanziare da sè tale progetto, il 23 marzo 1848 scrisse una lettera disperata a Liszt con la richiesta di un prestito per aprire l'istituto musicale a Praga. Ad aprile lo scoppio dell'insurrezione per l'autonomia della Boemia costrinse Smetana ad accantonare il progetto (anch'egli si impegnò per la rivoluzione componendo marcette, canzoni, inni, ouvertures per gli insorti). Spento ogni focolaio di rivolta, l'8 agosto finalmente riuscì a inaugurare il nuovo 'Lehr-Institut im Pianoforte-Spiele'. Nel giro di pochi mesi il numero degli allievi crebbe considerevolmente: la scuola riscuoteva sempre maggior successo presso la medio-alta società praghese. Notevole ammirazione suscitavano soprattutto i concerti degli studenti per l'alto livello artistico. Per questi saggi Smetana si diede da fare ad arrangiare partiture orchestrali famose per 2 o 4 pianoforti al fine di coinvolgere il maggior numero possibile di allievi. Compose egli stesso alcuni pezzi originali, tra cui il Rondò e la Sonata in mi minore. Il Rondò in do maggiore porta il sottotitolo Mladì (giovinezza). In effetti, è musica luminosa, spensierata e ricca di grazia interiore: zampilla come acqua sorgiva fresca e limpida. Queste qualità, unite alla grande accuratezza con cui essa è rifinita, le hanno valso il soprannome di Mozart-Rondò. Il tema che funge da refrain si compone di una parte affermativa giocosa e un po' spavalda seguita da una risposta agile e scorrevole (sincopi ammiccanti e galoppanti ritmi dattilici). Nelle sezioni intermedie che si intercalano alle ripetizioni del soggetto d’inizio la trama dell'intreccio contrappuntistico non si complica mai troppo; talvolta, anzi, grazie all'intervento d'uno spezzone melodico popolaresco o d'un inatteso cambio d'armonie l'atmosfera si profuma di fragranze particolari e di colpo, per un attimo, si schiudono nuovi suggestivi scenari. L'Allegro energico, il Movimento unico di cui si compone la Sonata in mi minore, invece fa proprio un disegno architettonico più grandioso, come spavaldamente annunziano gli imperiosi arpeggi con cui esso esordisce. Lo schema d'impianto èquello classico della forma-sonata: esposizione-sviluppo-ricapitolazione-coda. La sezione espositiva contiene praticamente tre temi, anzichè due come di solito. Gli arpeggi dell'inizio, in effetti, dovrebbero solo svolgere la funzione di sigla d'apertura. Una volta entrati in scena, però, essi non si fanno da parte e intervengono più del previsto, al punto che si può assegnare loro il ruolo di protagonista fuori copione. Il primo soggetto, dal carattere meno energico e dalle movenze popolareggianti che ricordano vagamente una danza, fatica non poco a difendersi da tanta irruenza e riesce a farsi largo a stento. Il secondo soggetto (due note ribattute seguite da una breve volatina discendente con una cellula ritmica di quattro brevi più una lunga che si ripete ostinatamente in sottofondo), invece, trova il suo spazio con facilità e naturalezza. Lo sviluppo, introdotto da una serie di modulazioni drammatiche, procede in chiave virtuosistico-brillante, con un certo alone epico, ma senza ridondanze retoriche. Protagonista ne èsoprattutto il primo tema, il quale alla fine ha modo di farsi udire in tutto il suo fascino sullo sfondo liricissimo di lunghi tremoli arpeggiati. Una digressione fantasiosa di carattere spiccatamente orchestrale, un presentimento dello stile della produzione sinfonica degli ultimi anni. Dopo una trionfale ricapitolazione, la Sonata viene suggellata da una breve coda sfavillante preparata in maniera efficace da un trascolorare di armonie che hanno il sapore di reminiscenze lontane, sperse nel tempo e nello spazio.

Angelo Chiarle    

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